CREED, di R. Coogler | Risalire la china un passo alla volta

Film: Creed, nato per combattere

Regia: Ryan Coogler

Anno: 2016

Cast: Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson

NO SLY NO PARTY- Togli il faccione di Sly dalla saga di Rocky e avrai tolto come per magia anche tutto il senso di Rocky. Passati i tempi della gloria, dei montaggi serrati, delle sfide epiche, del ritorno sul ring ad un’età proibitiva (60 anni), oggi il Nostro è un signore che si avvicina mestamente ai 70 e gioco forza il franchise si è arricchito di una vena nostalgica che tiene ancora in vita il giocattolo a 40 anni dalla sua primissima incarnazione, seppure con una certa dose di malinconia. Sappiamo quanto le grandi saghe di un tempo trovino terreno fertile oggi con i reboot e il vintage a farla da padrone.

Ryan Coogler conferisce naturalezza e leggerezza a quelle che sono solo due fasi della vita, cercando di consegnarcele senza troppa retorica.

Se non c’è Terminator senza Arnold, Han Solo senza Harrison Ford, allo stesso modo (anzi di più) non c’è Sylvester Stallone senza Rocky. Lo sanno anche i sassi, figuriamoci i produttori cinematografici. Ecco perché ancora nessuno pensa ad un folle passaggio di consegne. Sly deve esserci e infatti Sly c’è, da allenatore ma c’è, ed affida al giovane Ryan Coogler (Prossima fermata Fruitvale Station) il sesto film della saga, sulla carta il primo spin off.

ADONE, FIGLIO DI APOLLO- Il Rocky del terzo millennio è Adonis, un ragazzo che entra ed esce dalle case famiglia, figlio turbolento di una madre che non ha mai conosciuto e di un padre che pochi sanno essere l’ex campione dei massimi Apollo Creed. Quando Adonis incontra Rocky e gli rivela la sua vera identità la sorpresa è grande, tanto che Balboa dovrà cedere alle pretese del ragazzo, desideroso di farsi allenare dal grande amico/mentore del padre.

Rocky è vecchio, solo e malato e così, proprio in virtù della fortissima simbiosi attore/saga di cui sopra, rischia di apparire allo stesso modo anche tutto il film. Per fortuna, la penna del giovane cineasta Ryan Coogler conferisce naturalezza e leggerezza a quelle che sono solo due fasi della vita, cercando di consegnarcele senza retorica. Il giovane aiuterà il vecchio almeno quanto il vecchio aiuterà il giovane, un po’ come fu per Mick e il giovane Rocky 40 anni fa. Ottimi, in particolare, sono i momenti di ironia (alcuni proprio spassosi) felicemente distribuiti all’interno di un film ben calibrato. Il dramma c’è, ma si avverte un sensibile cambio di registro che volge al quotidiano, al familiare, spesso al sorriso: le basi per una rinascita. Coogler è autore moderno.

Il rapporto sincero e leale che Adonis stabilisce da subito con Rocky è una delle cose migliori del film e Sly sta sempre al gioco (un po’ come il suo amico Arnold), cosciente che la maschera del vecchietto suonato e buffo sia in fondo migliore di quella patetica del vecchio che gioca a fare il giovane. A dire il vero non è la prima volta che Balboa fa da mentore ad una nuova leva (Ricordate Rocky V, Tommy Gunn/Tommy Morrison?), solo che qui il feroce circo mediatico della boxe non si impegna tanto a mettere uno contro l’altro allievo e maestro, ma piuttosto a far emergere il vero cognome di Adonis per creare il grande evento/vetrina per il campione prossimo al ritiro, “Pretty” Ricky Conlan.

Creed non è un capolavoro né un film perfetto, però riesce lì dove non era facile riuscire: re-suscitare (interesse nel)la saga. Ma guai a toccare Sly!

Coogler (29 anni) fa bene il doppio mestiere di regista/sceneggiatore e l’idea di affiancare un Rocky in declino ad un “giovane Apollo” con un passato burrascoso ma un presente pieno di voglia di combattere è una trovata vincente. Adonis è un bel mix: ricorda Rocky per il modo di combattere e di prenderle senza andare giù, ma ha il volto e il carattere sicuro di sé e un po’ attaccabrighe del padre Apollo.

Nelle scene di combattimento abbondano riprese televisive e lunghi pianosequenza, come a voler aumentare il senso di realismo. Ci si riesce? In parte sì, anche se qualche purista della boxe storcerà il naso di fronte ad una quantità decisamente alta di pugni che vanno a segno; cosa, tra l’altro, ricorrente nella saga. Per molti, un punto di forza. Punti di vista.

Creed nasce da una buona idea, cavalca vecchie onde, non è un capolavoro né un film perfetto, però riesce lì dove non era facile riuscire: re-suscitare (interesse nel)la saga. Le citazioni e le leggendarie musiche di Robert Tepper, Survivor, Bill Conti ecc sono un ricordo lontano ed onnipresente che echeggia davanti alla palestra Mighty Mick’s e sulla nota scalinata di Filadelfia, quella con la statua vera. Non c’è nemmeno bisogno di guardare la scena in cui Adonis corre “inseguito” dagli amici motociclisti per capire di cosa si parla. E questo mood rivive in pezzi come la track Lord knows di Meek Mill, Jhenè Aiko e Ludwig. La nuova dimensione sonora, quella di Adonis, è il rap di The Roots (feat John Legend) e di Lupe Fiasco (Prisoner).

Sly è a suo agio nei panni dello zio un po’ suonato ma sempre dignitoso, che fuori ti dice le cose in faccia mentre dentro cova dolore e solitudine. Quanto sia bravo ad interpretarlo Stallone non siamo in grado di dirlo, perché, come detto più volte, è pressoché impossibile distinguere Sly da Rocky. La fusione molecolare tra attore e personaggio è sotto gli occhi di tutti, tanto che quando Balboa racconta ad Adonis la parabola di suo figlio lontano, Stallone si lascia quasi andare ad una smorfia di dolore per la perdita del suo vero figlio Sage, recentemente scomparso a 36 anni.

Creed è un nuovo punto di partenza, un nuovo inizio. Nessun regista al mondo riuscirà mai a scindere Rocky da Sly senza un crollo vertiginoso dei consensi. Tuttavia va dato atto a Coogler di essere, ad oggi, il più bravo ad attualizzare la saga e a non farla scadere nella solita celebrazione nostalgica e seriosa del vecchio campione.

MOMENTO CULT: Adonis deve salire sul ring contro “Lion” Spurino (l’attore Gabriel Rosado) ma qualcosa ha la precedenza. “Toglimi i guantoni, zio!”

FRASE CULT: “Un passo alla volta, un pugno alla volta, un round alla volta”.

Author: copyisteria

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