CINEMA. LA TRATTATIVA, di S. Guzzanti | La trattativa Stato-Mafia diventa un docufilm.

Film: La Trattativa

Regia: Sabina Guzzanti

Anno: 2014

Cast: Sabina Guzzanti, Ninni Bruschetta, Maurizio Bologna, Enzo Lombardo.

LA TRAMA- La Trattativa tra Stato e mafia ha luogo nella prima metà degli anni ’90. Sono gli anni delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, in cui perdono la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La discesa in campo di Silvio Berlusconi è pronta a ridisegnare per sempre lo scacchiere dei poteri forti. Prima e dopo, una serie interminabile di fatti di cronaca che hanno segnato gli ultimi quarant’anni di vita del nostro paese.

Puoi essere d’accordo con lei oppure no, ma una cosa è fuori discussione: Sabina Guzzanti è sempre più brava in quello che fa. Da Viva Zapatero in poi, il suo è un cammino professionale in continua evoluzione, alla ricerca di soluzioni visive e comunicative che rinfreschino il linguaggio “classico” da docufilm.

Al di là dei credits importanti (ottima la fotografia di Daniele Ciprì così come le musiche di Nicola Piovani e il visual design di Chromatica), quello che resta impresso nella mente è l’approccio “libero” di derivazione brechtiana, incurante dell’opinione dei puristi, che si respira lungo tutta la visione. Dal punto di vista tecnico, si è ormai capito da tempo che Sabina Guzzanti realizza i suoi lavori (chiamarli documentari è ora più che mai riduttivo) a modo suo: qui si ribadisce con forza il concetto.

Ne La Trattativa non ci sono muri artistici che tengano. Vediamo gli interpreti (un gruppo di ottimi attori teatrali tra cui la stessa Sabina) truccarsi, prepararsi, recitare, diventare a loro volta spettatori: non sempre in quest’ordine. La quarta parete salta in continuazione, spesso assieme alle altre tre, annullando con ironia e creatività le barriere comunicative che separano teatro, fiction, finto backstage ecc. L’unico muro che non salta mai è quello della realtà, un muro di gomma fatto di immagini sgranate che esplodono con fragore dallo schermo di un tg ponendo fine all’operato di eroi silenziosi. Tutta l’arte di cui Sabina&co sono capaci è messa al servizio della commemorazione di questi personaggi che hanno tentato con tutte le forze di opporsi alle mafie e allo sdoganamento di qualcosa che è più di un’ipotesi storica, ovvero la trattativa Stato- Mafia.

Ne La Trattativa non ci sono muri artistici che tengano. Vediamo gli interpreti (un gruppo di ottimi attori teatrali tra cui la stessa Sabina) truccarsi, prepararsi, recitare, diventare a loro volta spettatori: non sempre in quest’ordine.

Come suo solito, non c’è dato, fatto storico, sospetto che la regista romana non tenti di sviscerare, di documentare o, quantomeno, di spiegarsi (qualcuno  sussurra “faziosamente”). I linguaggi flirtano bene tra loro senza forzature e si passa da un contesto all’altro senza soluzione di continuità: è questo, più di ogni altra cosa, che fa de La Trattativa un film in piena regola. Un ottimo film. “Nel momento in cui l’arte rinuncia alla fantasia per la realtà, rinuncia a se stessa”: la pellicola si muove nel solco tracciato dagli estetisti per perseguire un fine fortemente realista, ossia la ricostruzione storica epurata dalla mediazione della stampa.

L’ultimo film di Sabina Guzzanti

Se guardando questa foto vi torna alla mente il massone incappucciato partorito dalla mente geniale di suo fratello Corrado… un po’ vi capisco.

Ottimo e commovente Enzo Lombardo nei panni del superpentito Gaspare Spatuzza, specie nel finale. La scelta di rendere “caricaturali” alcuni personaggi reali (vedi Massimo Ciancimino) funziona benissimo, così come irresistibile è il rapporto tragicomico tra lui e suo padre Vito: una via di mezzo tra dramma familiare e Father&Son de I Soliti Idioti.

Non sappiamo con certezza se la trattativa di cui si parla nel film ci fu davvero. Quello che sappiamo per certo è che qui si assiste ad una serie di trattative, tutte andate a buon fine: quella tra fiction e teatro, tra attore e spettatore, tra spettacolo e dramma, più in generale tra realtà e finzione. Sabina Guzzanti “la Michael Moore italiana”? Forse non più, o non solo.

8

di Giuseppe Piacente 

Author: copyisteria

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