CINEMA. HUMANDROID, di N. Blomkamp | Fatti le ossa, robot!

Film: Humandroid

Regia: Neill Blomkamp

Anno: 2015

Cast: Hugh Jackman,  Dev Patel, Sigourney Weaver, Sharlto Copley, Yolandi Visser, Watkin Tudor Jones (Ninja)

UN OMAGGIO A ROBOCOP, DI P. VEREHOEVEN- Location: Sud Africa. In un futuro quasi presente (2016), gli uomini hanno bisogno di macchine- poliziotto in grado di arrestare il crimine organizzato dilagante e così la Tetra Vaal indice un appalto interno. Nonostante la potenza di fuoco del prototipo di Vincent Moore (L’E.D. 209 di Robocop con mimetica) a spuntarla è il giovane genio della robotica Deon, che “regala” al corpo di Polizia sudafricano un nuovo modello di Scout incredibilmente simile all’uomo. Gli Scouts che mandano in pensione anticipata i poliziotti in carne e ossa sono robot piuttosto canonici, ma Deon ha creato ben più di una macchina al servizio dell’uomo. La sua scoperta rivoluzionaria è un’Intelligenza Artificiale “umana” potenzialmente senza limiti, che ha bisogno di essere testata in piena autonomia, lontano dai “protocolli” (vedi Automata) e dalle limitazioni aziendali. Nasce così Chappie, il primo bambino robot in grado di apprendere e di provare sentimenti.

Per un uomo che mette tutto il suo genio al servizio dell’evoluzione e del progresso, ce n’è sempre un altro che trama nell’ombra per il proprio tornaconto. In Iron Man 2, ad esempio, il cospiratore di Tony Stark era interpretato da Sam Rockwell, qui invece a mettere i bastoni tra le ruote di Deon è un perfido Hugh Jackman (con look improbabile), credibilissimo nei panni del cattivone Vincent Moore. Il lavoro di Sharlto Copley (feticcio di Blomkamp) col motion capture è notevole, così come l’espressione da genio dei nostri tempi della star di The Millionarie, Dev Patel. Tamarri oltre ogni limite i Die Anterwood, nella seconda parte del film. La rappresentante dello Status Quo, come in Elysium, è una donna austera, ma stavolta non ha l’algida spocchiosità di Jodie Foster ma solo il polso fermo della sempreverde Sigourney Weaver, che ci ricorda tra l’altro che il prossimo step di Blomkamp sarà nientepopodimenoche Alien.

Come District 9, anche questo Chappie nasce da un cortometraggio, (Tetra Vaal del 2004- in basso una piccola immagine). Messi da parte i bellissimi e raccapricianti “alieni-polipo antropomorfi” e gli esoscheletri di Elysium, Blomkamp pare abbandonare per un po’ il suo caro mokumentary- scifi sociale/ ambientale per abbracciare i toni della favola hi tech. Un nuovo “Pinocchio cibernetico” vede la luce, a pochi giorni dall’uscita del “Pinocchio cattivo” Ultron. Chappie è fin da subito, per fisionomia facciale e dolcezza, un omaggio a Numero 5 (il robottino del film di John Badham Corto Circuito).

FATTI LE OSSA, ROBOT!-  L’umanità, tutto ciò che abbiamo sempre pensato ci rendesse unici oltre ogni ragionevole dubbio è diventata un semplice file, qualcosa che non necessita di un supporto fisico e che si può facilmente trasferireGli uomini sono roba da museo, il futuro è ormai delle macchine (vedi Automata di G. Ibanez). La macchina non è più un’entità aliena (Terminator), né un’aggiunta che ci rende ibridi (Robocop). Nell’era digitale, la macchina è l’unico futuro possibile dell’uomo.

Ecco perché il robot è sempre più un “corpo caldo” nell’immaginario collettivo e cinematografico. Un corpo senziente, in grado di pensare, provare emozioni come e più dell’uomo e di prendere coscienza di sé. Da asettico fac simile a modello superiore di essere umano. Un modello che, in questo caso, ha addirittura bisogno di “modelli” genitoriali. E Chappie ne ha due: da una parte il suo dio/ Deon, che lui chiama Creatore (paterno, buono, iperattivo, che cerca di indirizzarlo alle arti e alla poesia) e dall’altra due fuorilegge col loro codice della strada (interpretati dai sudafricani Die Anterwood). Serviranno entrambi.

Le idee alla base di Humandroid sono interessanti e lo rendono un po’ speciale. A differenza di Robocop, Chappie è un robot fin dall’inizio. La macchina dovrà imparare a stare al mondo, proprio come un ragazzino che si trasferisce nel ghetto e ha bisogno di una lunga e dolorosa fase di ambientamento. Estendere il concetto di scelta, di adolescenza, di “umanità in divenire” ai robot sembra essere decisamente la priorità del regista.

Tuttavia Humandroid dice poco o nulla sull’Intelligenza Artificiale se non nel concitatissimo finale. Non esplora le conseguenze ambientali e sociali di un “ribaltamento” planetario. Non tocca i punti caldi del filone fantascientifico e per di più indugia più del lecito sulle guest stars Die Anterwood, come a volerne realizzare uno spot. Humandroid è puro divertimento. Se al posto del robot ci fosse un ragazzino, sarebbe un film visto un milione di volte. Con District 9 Blomkamp poneva le basi per un nuovo modo di vedere la fantascienza. Con Elysium doveva fare i conti con la grossa produzione hollywoodiana. Con Humandroid (titolo originale Chappie e figurati se qui da noi “passava” un titolo del genere), Blomkamp pare divertirsi e basta. Se cercate qualcosa che non fosse già stato detto rimarrete delusi. Se volete divertirvi, è ok.

 di Giuseppe Piacente

Author: copyisteria

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