Film: Fury
Regia: David Ayer
Anno: 2015
Cast: Brad Pitt, Logan Lerman, Jon Bernthal, Shia Labeouf, Michael Pena
Hitler è pronto a capitolare, la Germania sta per finire nelle mani degli alleati e allora “muoia Sansone con tutti i filistei!”
Nonostante la seconda guerra mondiale sia agli sgoccioli e i tedeschi sul punto di capitolare, il regista David Ayer (Suicide Squad) non ci mostra un Reich in ginocchio, semmai un Reich disperato e pronto ad armare anche il più innocente dei bimbi per la causa. L’umanità è allo sbando e nel cuore di questo delirio suicida ordito dal furher viene spedito un plotone di yankees allo stremo guidato dal sergente Don Collier, per tutti Wardaddy (Brad Pitt). Il pensiero per qualche secondo va ad Inglorious Basterds.
ONCE UPON A TIME, IN A YANKEES OCCUPIED GERMANY…- Il titolo tarantiniano non confonda le idee. Del divertissement goliardico-pulp tarantiniano qui non c’è nulla. Fury è un film di genere, un war movie che ruota attorno ad un plotone di uomini resi brutti, sporchi e cattivi dall’insensatezza della guerra. Questa Sporca Cinquina, gettata senza rispetto e senza umanità nella più assurda delle missioni suicide proviene da una lunga tradizione che va da Il Grande Uno Rosso (S. Fuller) a Flags of Our Fathers (Clint Eastwood). Si respira fin da subito un clima cameratesco tipico del war movie, in cui trova posto (anche se molto marginale) pure il figlio attore del grande Clint.
QUELLA SPORCA CINQUINA- Lo spettatore osserva tutto attraverso i loro occhi, specie attraverso gli occhi di una giovanissima recluta, interpretata da un Logan Lerman alla prima vera prova d’attore dopo la saga teen-fantasy di Percy Jackson. L’evoluzione e il subbuglio interiore del ragazzo, un dattilografo che si ritrova ad imbracciare il fucile, sono una delle cose più riuscite del film. Sotto lo sguardo ora duro ora comprensivo (comunque paterno) di Wardaddy, Il giovane sarà costretto a diventare parte attiva del gruppo, ma solo dopo aver rimosso dall’interno di Fury, questo il nome del cingolato, ciò che resta del vecchio mitragliere e dall’interno di sé stesso ogni compassione umana. La guerra non è più parte integrante dell’essere umano, in una dicotomia junghiana che ricorda il soldato Joker (Matthew Modine) in Full Metal Jacket, ma qualcosa che rende l’essere umano rabbioso, debole e incapace di amare. Il resto della ciurma è assolutamente all’altezza della situazione: ci sono i war-buddies Coon Ass- Gordo, un duo perfettamente calato nel mood apocalittico e anarchico che hanno la facce di Jon Bernthal (in attesa che vesta finalmente i panni supericonici di The Punisher) e Michael Pena, un grande momento per lui. Infine c’è il “buono” del gruppo, Bibbia, interpretato da Shia LaBoef, a suo agio in un ruolo piuttosto anomalo per uno col suo background.
Buona parte della pellicola è stata girata all’interno del carroarmato: pochissimi metri quadrati in cui è asserragliato l’ultimo avamposto di un’umanità molto provata. Gli alleati, sul punto di vincere, sono ritratti nel momento di maggior stanchezza e minore organizzazione. Un po’ come succedeva in Lebanon (2009, Samuel Maoz), questo punto di vista interno a Fury ci restituisce un fatalismo e una sensazione claustrofobica che sono la chiave di tutto il film. Più volte i protagonisti dicono di sentirsi fortunati, più volte devono ringraziare il fato per essere ancora vivi. Le immagini ci dicono chiaramente che non esiste chi vince e chi perde: in una guerra si perde tutti. Il film sembra voler restituire allo spettatore un po’ dei patimenti e del sacrificio dipinto sul volto dei protagonisti.
