CINEMA. DIFRET, IL CORAGGIO DI CAMBIARE, di Z. Berhane Mehari | Una storia vera

Film: Difret il coraggio di cambiare

Regia: Zeresenay Berhane Mehari

Anno: 2015

Cast: Meron Getnet, Tizita Hagere, Haregewoin Assefa, Shetaye Abreha

 

TRAMA- 1996. Etiopia. In un villaggio nell’area di Addis Abeba la quattordicenne Hirut viene rapita e violentata da colui che la pretende come sposa nonostante l’opposizione dei genitori di lei. La ragazzina riesce a fuggire impossessandosi di un fucile e uccidendo il suo sequestratore come auto difesa. Tutto però è contro di lei, sia la legge dello stato sia le regole ancestrali delle comunità rurali. Solo Meaza Ashenafi, avvocato e leader dell’associazione Andenet (uno studio legale al femminile che assiste gratuitamente donne che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di difendersi dai soprusi di una società dominata dai maschi) decide di assisterla. La battaglia contro i pregiudizi non sarà facile né indolore.

Per raccontare e capire il film crediamo sia opportuno operare una doppia ricostruzione con i vari distinguo che esse richiedono. Da una parte il tema trattato con il suo inestimabile significato e valore, dall’altra la trama e le sue scelte stilistiche. Partiamo dalla seconda per meglio apprezzare la prima. Il film scorre seguendo un ritmo piuttosto frammentario che spezza inesorabilmente l’intensità e la profondità della trama. Un “incespicare voluto” che conduce lo spettatore, nel passaggio da una scena all’altra, ad immedesimarsi nel contesto appena rappresentato.

Per capire il tema del film dobbiamo partire dal titolo, “Difret” che in etiope significa coraggio, osare. Coraggio e dignità sono i cardini nei quali si muove il filo conduttore dell’intera trama. Hirut, Tizita Hagere, protagonista del film, rappresenta il simbolo della determinazione, dell’emancipazione, del coraggio di chi osa schierarsi contro il sistema ancestrale della propria comunità – realtà tipica di una grande fetta nel continente africano – in cui alle donne non sono riconosciuti diritti e identità umana.

Una società maschilista, arcaica, in cui la fetta di popolazione civile è subordinata al volere della parte più tribale/rurale in cui in cui vigono regole imposte dai maschi e la più completa sottomissione della donna. Ai tribunali previsti dall’ordinamento statale si sovrappongono le “corti di giustizia” che si riuniscono in un campo sotto un albero e a cui nessuna donna prende parte.

La città appare in tutta la sua forza demoniaca; le donne con il loro silenzioso assenso, atte alla cucina e alla riproduzione, gli uomini con le loro leggi. Hirut diventa quinti la testimonial, suo malgrado, di questa lotta di genere; nel far riconoscere la propria esistenza autonoma di donna e di essere umano, Hirut rappresenta un “precedente” che segnerà un prima e un dopo. Tradizione ed emancipazione si legano nel vortice di una innocente studentessa vittima del giogo tribale. Nel coraggioso motto di schierarsi contro il sistema arcaico della giustizia e contro l’idea che le donne non abbiano alcun diritto nella scelta del loro futuro, Hirut e Meaza sono la rappresentazione della lotta di genere etiope.

Difret è il coraggio di porre la questione della dignità umana e della condizione delle donne all’intera società rurale chiedendo il passaggio, necessario, che porti ad una trasformazione profonda dei costumi, in cui l’identità umana è riconosciuta per entrambi i generi, in questo Hirut rappresenta la lotta dell’emancipazione femminile, una lotta che si deve scontrare contro il maschilismo più ottuso che vestirà i panni di un magistrato , ancorato ai pregiudizi maschilisti che gli sono stati inculcati. Il finale è un atto carico di emozioni e riflessioni in cui si nascondono mille interrogativi. Scarna ed essenziale la fotografia, sarebbe stato un ottimo elemento per dare ancora più forza ai dialoghi, ai silenzi, e agli sguardi.

Alle origini del film ci sono personaggi reali: la produttrice è Angelina Jolie, sempre più impegnata sul piano sociale e alla regia Zeresenay Berhane Mehari che, seppur residente degli Usa, ha le proprie radici in Etiopia ed è lì che ha preteso (e ottenuto) di andare a girare un’opera che ha entusiasmato il Sundance.

 

di Maurizio Musu

 

 

 

Author: copyisteria

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