CINEMA. BOYHOOD, di Richard Linklater | boyhood

Film: Boyhood

Regia: Richard Linklater

Anno: 2014

Cast: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Lorelei Linklater, Zoe Graham

Nei film che vogliono raccontare la vita di un personaggio (biopic), è prassi del cinema scegliere dei giovani e semisconosciuti attori per la primissima parte della pellicola, quella dedicata alla formazione, in modo da fissare nella memoria una o più fasi giovanili propedeutiche al salto temporale e al lancio del personaggio famoso così come lo si conosce. È qui che entra in scena il Russel Crowe, il Leo Di Caprio, il Chris Pratt di turno, ovvero la star. L’espediente funziona da decenni. Ma se questo salto temporale fosse reale? Se vedessimo davvero gli effetti del tempo sugli attori? Se il giovane che un giorno diventerà Di Caprio fosse proprio Di Caprio in persona, diciamo, nel 1990?

MOLTI CAMBIAMENTI, ZERO ESPEDIENTI- L’”Infanzia”-significato letterale- di Richard Linklater non si serve di espedienti o almeno questa è l’idea, l’intento, l’impressione che si vuole lasciare nello spettatore. Per trasportare sul grande schermo la vita di un ragazzino del Texas ed i suoi continui cambiamenti, nel lontano 2002 Richard Linklater riunisce attorno a sé un cast di ottimi attori per quello che di fatto si configura come uno dei più importanti progetti “a lungo termine” della storia del cinema. Data d’inizio riprese: 2002, data d’uscita prevista: 2014. Il film all’inizio va sotto il nome provvisorio di 12 Years Project, poi diventa Boyhood. 

12 ANNI SCHIAVI… DI LINKLATER-  Il regista di Before Midnight condensa 12 anni di riprese in 3 ore di pellicola per un esperimento unico nel suo genere. Lo spettatore, per la prima volta, segue le vicende del giovane Mason e della sua famiglia mentre il tempo scorre davvero sotto i suoi occhi ed è un fatto del tutto nuovo, che aggiunge veridicità ad una storia ricca di vita vissuta, di silenzi, di amori, di conflitti intrafamiliari e di tutte quelle cose anche mostruose che in gergo vengono definite “normalità”.

PIÙ VERO DEL VERO- L’idea di fondo è forte e funge anche da richiamo mediatico e pubblicitario, ma la magia di Boyhood non è solo questa, altrimenti staremmo parlando di un’operazione commerciale DI QUESTO TIPO. La magia di Boyhood sta nell’assoluta naturalezza con cui questo tempo dilatato e frammentato diventa amalgama.

Un progetto del genere non può prescindere dal regista, bravo quanto volutamente “invisibile” e dall’interpretazione degli attori ai quali va dato atto di non aver mai perso un grammo di feeling e credibilità nonostante il passare degli anni e gli impegni lavorativi paralleli. I dialoghi (specie se ascoltati in originale), la caratterizzazione dei personaggi, i rapporti umani così ben scritti e recitati: questi sono i veri punti di forza di Boyhood, anche se molti lo ricorderanno solo per la sua lunga gestazione.

Nel cast ritroviamo il vecchio pupillo di Linklater Ethan Hawke (all’inizio delle riprese era fresco di Training Day con Denzel Washington), solido nei panni di un padre umano e presente, nonostante il divorzio che complica la sua vita e quella dei figli; la bravissima Patricia Arquette, madre sofferente e volitiva, perennemente vittima delle sue scelte e un gruppo di giovanissimi guidati dalla figlia del regista, Lorelei Linklater (classe ’94), che all’epoca dei primi ciak aveva appena 8 anni così come Ellar Coltrane, che dà il volto al protagonista Mason.

È NATA UNA STELLA- Richard Linklater da Huston (Texas) racconta sempre la sua terra natìa dal punto di vista di uomini che vi entrano in conflitto. Il patriottico vecchio Texas, il nazionalismo violento, il fascismo conservatore contrapposto allo spirito libero e agli occhi intensi del protagonista, non a caso, fotografo. È lui la vera rivelazione: Ellar Coltrane [qui accanto, la sua crescita, “documentata" dal film]. Boyhood, oltre a sancirne la consacrazione, può fungere anche da suo (e non solo suo) album personale di fotografie in movimento: gentile omaggio del sig. Linklater. Difficile pensare che il regista non lo coinvolga di nuovo per i suoi progetti futuri.

Nato senza una sceneggiatura “filmica”, Boyhood vive di momenti, di lacrime, di sorrisi, di lampi inaspettati (come quello della violenza domestica), di riflessioni amare e dolci e si addentra con forza in quel “meraviglioso senso di panico” che è proprio di tutti i giovani. Nei momenti migliori, è come vedere il mezzo cinematografico piegarsi naturalmente alla vita. Nei peggiori, si resta smarriti davanti ad un film-documentario che non rema da nessuna parte. Lo sguardo di Ellar Coltrane coglie nel segno. il finale è solo un nuovo inizio. Si esce dalla sala con l’atipica sensazione di non aver visto neppure un film, ma qualcosa di più intimo. Non è poco.

8

di Giuseppe Piacente

Author: copyisteria

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