CINEMA. ANIME NERE, di F. Munzi | ‘Ndrangheta SPA

Film: Anime Nere

Regia: Francesco Munzi

Anno: 2014

Cast: Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo

LA TRAMA- Anime Nere è la storia di tre fratelli, figli di pastori, vicini alla ndrangheta. Luigi è un trafficante internazionale di droga. Rocco, milanese adottivo, dalle apparenze borghesi, imprenditore grazie ai soldi sporchi del primo. Luciano, il più anziano, che coltiva per sé l’illusione patologica di una Calabria preindustriale. Leo, suo figlio ventenne, è la generazione perduta, senza identità. Per una lite banale compie un atto intimidatorio contro un bar protetto dal clan rivale. In qualsiasi altra terra, sarebbe solo una ragazzata. Non in Calabria, tantomeno in Aspromonte. È la scintilla che fa divampare l’incendio. Per Luciano è di nuovo il dramma che si riaffaccia dopo tanti anni dall’uccisione del padre. In una dimensione sospesa tra l’arcaico e il moderno i personaggi si spingono fino agli archetipi della tragedia.

La Ndrangheta sotto ai riflettori: Anime Nere

Black, Damned Godfellas

UN’UMANITÀ DANNATA- A dieci anni esatti dalla sua opera prima (Saimir), Munzi presenta il suo progetto più ambizioso. Anime Nere è un film duro, aspro, fatto di silenzi e arricchito da un finale che farà discutere. Come in Saimir e ne Il Resto della Notte, anche qui il regista romano mette in scena la malavita, colpevole di imbrigliare nei suoi schemi migliaia di giovani vite allo sbando, che trovano proprio nel malaffare la loro collocazione naturale. Ma la messa in scena è volutamente scarna, vivida, poco spettacolarizzata. Come in Saimir anche qui c’è un contesto difficile e un’umanità corrotta e dannata che cerca con tutti i mezzi di proteggere sé e gli affetti da qualcosa che è sempre troppo più grande.

“Ho chiesto allo scrittore di Anime Nere, da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi. Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato, lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero”- Francesco Munzi

LA MAFIA NON È COOL- Il cast è decisamente all’altezza della situazione. Pochi ricordano che Marco Leonardi, oltre ad essere stato Maradona nel brutto film di Risi, ha dato anche il volto ad un Savastano molti anni prima che Salvatore Esposito facesse lo stesso nella serie Gomorra che oggi tutti conoscono. Accadde 26 anni fa in “Scugnizzi”, diretto da Nanni Loy. Insieme a lui, gli ottimi Peppino Mazzotta (l’ispettore Fazio ne Il commissario Montalbano) e Fabrizio Ferracane (in un ruolo chiave) riescono benissimo a tenere alta la tensione, coadiuvati dagli stessi africesi, “attori per un giorno” nel ruolo di sé stessi. Anime Nere è un film che destruttura l’immagine filmica della mafia usando tutti i mezzi di cui dispone. L’aspetto forse più interessante del film è che Munzi non dà mai di gomito allo spettatore, non cerca mai di dirgli che la malavita è sbagliata esaltandone, sottobanco, l’estetica. Anime Nere non è Vallanzaska, tanto per fare nomi. Il film coglie aspetti inediti all’interno di uno dei generi che vanno per la maggiore e non è cosa da poco. il linguaggio criminale, troppo spesso circondato da un’aura finzionale e sopra le righe viene ripulito, vivisezionato, preso per quel poco che è (la telecamera spesso indugia su animali sgozzati e capretti mandati al macello. Non una novità, ma funziona).

Il film di Francesco Munzi “Anime Nere”, tratto dal libro omonimo di Gioacchino Criaco

Il romanzo di Gioacchino Criaco da cui è stato tratto il film.

‘NDRANGHETA SPA- Si comincia dalla bellezza cosmopolita di Amsterdam e si termina nella bellezza selvaggia di Africo (R.C.), passando per la capitale del lusso Milano. Le locations scelte per il film e la routine di questa “famiglia” mostrano meglio di mille parole cosa sia la ‘ndrangheta oggi: una s.p.a. con sedi dappertutto che tuttavia conserva il suo cuore pulsante in questi non-luoghi dimenticati dal tempo, dove le parole lasciano sempre spazio al codice degli sguardi e dei silenzi, di gran lunga più taglienti. Posti in cui si dorme e ci si sveglia accanto alla morte; in cui al funerale della vittima trovi presenti gli stessi carnefici, in giacca e cravatta, per porgere le più sentite condoglianze. Depurato da ogni aspetto glam (la mafia non è cool nel mondo reale; la mafia è subdola e si nutre di mediocrità), il materiale viene servito allo sguardo altrui come un piatto di interiora ancora sanguinante. Perché, lontana dal cinema, in fondo la malavita è questo: silenzi, sguardi tesi, donne relegate al ruolo di schiave/ spettatrici non protagoniste, impercettibili frasi o cenni del capo che decretano la fine di una vita, un muro che chiude le bocche e fa digrignare i denti: niente di più. La scrittura è perfetta, senza sbavature, tanto che la regia di Munzi sembra tenersi volutamente a distanza per far parlare “lei”. Per una volta si accantona lo sguardo autoriale “a tutti i costi” e si vive di sguardi sofferenti, di culture e sottoculture radicate e quasi impossibili da debellare. Il finale è forte.

Presentato alla 71ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e tratto dal romanzo di Gioacchino Criaco, Anime Nere fa per la ’ndrangheta quello che Gomorra di Garrone aveva fatto per la camorra: ne esplora le radici più profonde in maniera lucida e impeccabile. Un ritratto fedele, un calcio nelle palle di chi crede alla balla della malavita organizzata morta e sepolta.

7,5

di Giuseppe Piacente

Author: copyisteria

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