SERIE TV. THE STRANGER THINGS, di Duffer Bros. | Cosa è restato degli anni ‘80

The Stranger Things è l’apoteosi del fan movie fatto come dio comanda.

STORIA- Hawkins, Indiana, 1983, siamo in piena America reaganiana. Il giovanissimo Tom Cruise (protagonista di Risky Business) campeggia nelle camerette di tutte le ragazzine del pianeta e il fantasy di J.R.R. Tolkien e di Dungeons&Dragons è soltanto un fenomeno di nicchia, dove per nicchia si intende quasi sempre uno sparuto gruppo di occhialuti ragazzini che il giorno rischia di finire con la testa nel water per colpa dei bulli della scuola e la sera si riunisce per lanciare dadi ed evocare draghi immaginando scontri epici tra nani ed elfi o tra uomini e goblin. La scomparsa improvvisa del piccolo Will Byers getta nello sconforto la madre Joyce, suo fratello maggiore Jonathan e gli amici Lucas, Dustin e Mike. Le cose diventeranno ancora più inspiegabili quando entrerà in scena una stramba ragazzina che dice di chiamarsi Undici.

NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI ’80- Il primo impatto dello spettatore con la serie è tra più positivi, specie se hai un’età tale da ricordarti quelle situazioni, quegli oggetti, quei giocattoli nella tua vita di ragazzino. Sì perché anche se il pubblico a cui si rivolge è piuttosto eterogeneo, questa è una serie tv pensata per i nerd navigati (i creatori del prodotto si chiamano Matt e Ross Duffer e sono nati entrambi nel 1984) e l’aspetto “nostalgico” e citazionista è un po’ quello che muove tutto il progetto nell’era del reboot, del culto del vintage e di Tarantino: la quantità di poster e locandine disseminate qua e là negli ambienti ha dell’incredibile. Dopo aver visto i primi due episodi di The Stranger Things hai la sensazione molto rara di trovarti di fronte a qualcosa di unico, che rimescola in chiave moderna un cinema che sembra provenire dal passato di ognuno di noi. Il meglio del “già visto anni fa”, rivive in perfetto equilibrio tra fantasy, scifi, horror, avventura tipica della prima metà degli anni ’80 e  (elemento attualissimo) cinecomic revisionista.

I Duffer bros firmano la regia di 6 episodi su 8 totali; i restanti due sono opera di Shawn Levy (Una Notte al Museo 1 e 2). La regia fonde tanti linguaggi quanti sono i generi tirati in ballo- sostanzialmente avventura e horror- e quasi mai ne risente la coerenza e la forza visiva, lo stesso dicasi per la fotografia.

Justice Nerd League

La Scomparsa di Will Byers, La stramba di Maple Street e Holly Jolly: l’incipit è folgorante. I primi tre episodi mettono talmente carne succulenta a cuocere che, anche quando i nodi più importanti vengono sciolti (intorno all’episodio The Flea and the Acrobat) e si registra un calo fisiologico dell’attrattiva, ormai The Stranger Things ti ha già rapito e catturato nel suo mondo a tratti terrorizzante (i mostri sono stati creati dalla stessa Spectral Motion di Guillermo Del Toro).

LA MUSICA- Collante importante è di sicuro il tappeto sonoro (Michael Stein e Kyle Dixon), che ha qui la stessa funzione vitale che aveva quello di Angelo Badalamenti in Twin Peaks e lo ricorda pure molto da vicino, ma senza scala di grigi. Ascolta qua…

https://soundcloud.com/prom-queen-1/stranger-peaks

Oltre al tema principale retro sinth-elettro troviamo anche una lunga carrellata di successi punk e rock (The Clash, Bowie ecc) che vengono citati continuamente, soprattutto dal fratello maggiore di Will, Jonathan (il 22enne inglese Charlie Heaton), e con un amore ed un trasporto tali da rendere le note un personaggio non solo importante ma funzionale all’interno dei fatti narrati.

QUANDO E.T. INCONTRA POLTERGEIST, OTTIENI I GOONIES- Le scenografie, i costumi e tutto il resto- musiche, sigla, logotypes- sono perfettamente in linea col 1983. Il tono è quasi un omaggio allo Spielberg sognante degli esordi, anche se in chiave più moderna e scanzonata. Più si susseguono gli episodi più le citazioni e gli omaggi si fanno cupi (Carpenter e Tobe Hooper su tutti), eppure ridurlo ad un riuscito mix tra ET e Poltergeist sarebbe riduttivo. Le strizzatine d’occhio, infatti, sono talmente tante e tali che fai fatica a dire cosa abbia maggiormente influenzato il film che a conti fatti, probabilmente, è il miglior Goonies del 2016 che si potesse immaginare, vuoi per l’irresistibile trio di piccoli secchioni, vuoi per la presenza di fratelli e sorelle un po’ più grandicelli/e alle prese con le prime sbandate d’amore.

SCENEGGIATURA- La sceneggiatura segue diversi nuclei narrativi (i ragazzini, gli adolescenti, gli adulti, i cattivoni del laboratorio, il sottosopra) intrecciandoli con maestria, regalando sorprese a ripetizione e riservando anche qualche colpo di classe come quando scopriamo perché lo sceriffo di Hawkins prenda così a cuore la sparizione del giovane. I difetti di sceneggiatura, invece, sono tutti riconducibili alla sua natura intrinseca di “omaggio” prima che di prodotto a sé stante e perciò non ci si sorprende più di tanto se il giorno prima erano tutti lì a blastare mostri orrendi per salvare vite umane e il giorno dopo eccoli a tavola a conversare amichevolmente di giochi di ruolo: inevitabile, forse, ma tutto ciò non giova certo alla sospensione d’incredulità.

Non sono pazza! Aspettavo solo un’occasione come questa per rilanciare la mia carriera

GLI ATTORI- David Harbour è uno stakanovista delle serie tv (Law & Order, Lie To Me, The Newsroom, Elementary ecc.) ma stavolta imbecca il ruolo che di sicuro lo farà salire moltissimo nel ranking dei duri dal cuore tenero più amati dal pubblico. Winona Ryder torna in un ruolo che sembra costruito proprio intorno a lei: la sua Joyce Byers è una madre premurosa ed apprensiva sospesa tra l’amore per un figlio scomparso e la crudeltà delle malelingue. Come succede da sempre, anche questa serie tv lancerà alcune facce nuove tra cui spicca, c’è da scommetterci, quella della giovane Millie Bobby Brown (Undici): un concentrato di dolcezza e sofferenza capace di strapparti il cuore in due. Senza metafora.

CONSIGLI PER GLI AQUISTI- Charlie Heaton/ Jonathan sarebbe un David Bowie perfetto, in vista di un biopic postumo del Duca Bianco.

 

 

 

Author: copyisteria

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