RECENSIONE. THE BRAVE (Pixar) di M. Andrews e B. Chapman

locandina: fonte mymovies

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ogni volta che la Pixar si scomoda per fare un lungometraggio è lecito aspettarsi un capolavoro: “Toy Story”, “Alla ricerca di Nemo”“Wall-E” , “Gli Incredibili” e poi ancora “Up”, “Monsters &co”, solo per citare i più noti. Ciascuno di questi film animati ci ha lasciato qualcosa. Un mezzo passo falso, forse anche voluto, glie lo si perdona molto facilmente a quei geniacci di Emeryville…

SCHEDA

Titolo: The Brave- Ribelle

Regia: Mark Andrews e Brenda Chapman

Sceneggiatura: Brenda Chapman e Irene Mecchi

Musiche: Patrick Doyle

Montaggio. Nicholas C. Smith

LA STORIA- L’ultima fatica Pixar si chiama “The Brave- Ribelle” e narra la storia della giovane principessa Merida, figlia del Re Fergus di Scozia. La vicenda è ambientata nelle highlands scozzesi, dove questa adolescente dalla folta chioma rossa ama tirare con l’arco e scorrazzare tra ruscelli e vallate, in sella al suo destriero Angus. La ragazza ha uno spirito libero e un carattere ribelle, il contrario di sua madre, la Regina Elinor, una donna molto legata alle tradizioni e alle apparenze, “tutta Regno e famiglia”. Lo spirito libero di Merida viene seriamente minacciato quando la ragazza scopre che i giovani rampolli degli altri clan, come da tradizione, stanno per presentarsi al cospetto di Re Fergus per chiedere la mano di sua figlia.

TARGET- Nato dalla collaborazione tra Pixar e Disney, questo “The Brave” può essere sicuramente considerato il più disneyano fra i lungometraggi Pixar e questo è bene saperlo prima di vedere il film, per non rimanere delusi. La fiaba, indubbiamente, è interessante e regala qualche momento di suspance e di humor, soprattutto quando i clan si sfidano in una sorta di sgangherata olimpiade privata, oppure quando entrano in scena i tre fratellini pestiferi di Merida. La pellicola, tuttavia, è una fiaba pensata per un pubblico giovane e ci riporta alla mente le primissime produzioni disneyane: quelle che abbiamo colpevolmente messo nel dimenticatoio, complice la rivoluzione che ha interessato il genere da quando esiste la CGI e case di produzione come la Pixar, appunto, o la Sony Dreamworks.

QUALITA’- Visivamente la pellicola è degna delle ultime produzioni e il design caricaturale dei personaggi si amalgama alla perfezione col tono generale del film. Le animazioni poi (la chioma di Merida, le cascate, il pelo degli orsi) lasciano spesso senza fiato. Gli aspetti tecnici controbilanciano una parziale povertà di idee, soprattutto se si confronta questa pellicola con le precedenti “follie” Pixar.

RIFERIMENTI- La storia attinge dai racconti della tradizione folklorica celtica e bretone (i fuochi fatui che indicano il cammino al viaggiatore) oltre che dalla grande tradizione disneyana. E poi da “Braveheart” di M. Gibson:)

L’attore Kevin McKidd e famiglia attendono la prima di “The Brave” al Los Angeles Film Festival

R.I.P. STEVE- Durante la lavorazione di questo film è venuto a mancare Steve Jobs, guru di Apple e creatore della Pixar. “The Brave” lo ricorda con un messaggio toccante che compare dopo i titoli di coda. Nel film, inoltre, è presente un tale Lord Macintosh.

GIUDIZIO COMPLESSIVO- E’ un film che, per lunghi tratti, gioca a fare il “Braveheart per piccini”, con guerrieri scozzesi in gonnella pronti a scatenare una rissa da saloon per un nonnulla o a mostrare le natiche a chi capiti a tiro in segno di scherno. “The Brave” non è il solito cartoon dove le forze del bene combattono quelle del male dal primo all’ultimo minuto. Questo aspetto, anzi, risulta più che mai marginale rispetto al tema dell’incomunicabilità genitore-figlia. Quello che manca completamente (ed è un’assenza che si sente) è l’elemento drammatico, pur presente in molte grosse produzioni Disney del passato. In mancanza di un “cattivone” che faccia precipitare gli eventi come da copione, è proprio il conflitto generazionale ad innescare le dinamiche che daranno vita alla storia; il film è tutto lì, in quella distanza iniziale tra madre e figlia che si tradurrà poi in un avvicinamento improvviso, complice un curioso incantesimo. “The Brave”, diciamolo, è stilisticamente ineccepibile ma può risultare noiosetto ad un pubblico adulto e smaliziato.

di Giuseppe Piacente

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“Perché puoi togliermi tutto, ma non puoi togliermi la libertà… mamma!”

 


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Author: copyisteria

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4 Comments

  1. Non ho visto questo lungometraggio, tuttavia da come ne hai scritto, credo che le tue conclusioni siano perfette: adatto per i bambini, ai quali basta… meravigliarsi, non adatto agli adulti poiche’ manca di “contenuti”.
    Bravo come sempre nelle tue recensioni :-)

    http://www.wolfghost.com

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  2. Ehilà, carissimo! Ho da poco visto questo lungometraggio e sono venuto a leggere la tua recensione, che avevo saltato apposta per non avere sorprese (anche se tu stai sempre attento a non scendere troppo nei dettagli, ma sai com’è).

    Sinceramente, non concordo con la tua analisi. Credo che questo film sia invece ben poco disneyano: innanzitutto per l’elemento drammatico di cui sottolinei l’assenza, ossia il classico antagonista Disney, sul quale si innesta la lotta tra il bene e il male. Le produzioni fiabesche di vecchia data, così come le più recenti, propongono sempre una visione manichea della realtà, da Cenerentola contro la matrigna alla Bestia contro Gaston, da Biancaneve contro la Regina a Tiana contro il Dr. Facilier; è una costante che talvolta viene forzata in maniera imbarazzante (Hercules), ma che in The Brave manca del tutto. Questa è secondo me una differenza enorme che riflette l’eccentricità Pixar e, anzi, segna una strana novità nella tradizione Disney.

    Altro elemento è la protagonista. Merida è, appunto, una ribelle, una ragazza la cui lotta contro un male relativo (e di conseguenza per un bene relativo) viene combattuta in maniera attiva, in prima persona e quasi con piglio femminista. Cenerentola aspetta la fatina buona, Biancaneve il Principe Azzurro, Merida si rimbocca le maniche e cerca di prendere in mano il suo destino. Nel momento in cui lei rompe con la tradizione della principessa data in sposa al guerriero per ragioni di stato, il film rompe con la tradizione cinematografica delle trasposizioni fiabesche.

    Di conseguenza, questo lungometraggio mi è sembrato fortemente innovativo e diverso, spostando il punto focale della storia su una manifestazione esplicita del conflitto generazionale, andando “materialmente” al cuore del problema. Vedrei questa tua analisi più vicina, idealmente, a Rapunzel, fatte le debite differenze.

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    • Heilà, è un piacere risentirti. Il discorso del villain, secondo me, non può essere ricondotto solo alla tradizione storica disneyana. Anche titoli più recenti presentano spesso una figura di cattivo/ nemico più o meno definita. Penso all’uomo che rapisce Nemo e innesca la componente drammatica ne “La ricerca di Nemo”, al cattivone rosicone de “Gli Incredibili” ma anche alle figure ultratecnologiche e asettiche nel film Pixar più adulto e concettuale: “Wall-E”. Qui invece è più uno scontro generazionale prolungato senza picchi emotivi, a meno che tu spettatore non sia una ragazzina di 13 anni e l’identificazione risulti totale. Per carità, va benissimo. Dico solo che secondo me questa scelta non giova all’intrattenimento e al senso di soddisfazione finale. Ma non è tanto quello. I dialoghi sono piuttosto poco adulti e la comicità non è smaliziata e spiazzante. Insomma, ricordami una battuta, uno spunto degno di tale nome. E’ tutto troppo “carino” e poco “geniale”, non so come dire. Dei film che ho citato prima potrei citarti almeno tre momenti esilaranti. Anche il citazionismo cinematografico è troppo “telefonato”. Poi, per carità, il mondo è bello perchè è vario ;)

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