KING ARTHUR, di G. Ritchie | Artù coatto

Film: King Arthur

Anno: 2017

Genere: fantasy

Cast: Charlie Hunnam, Jude Law, Eric Bana, Djimon Hinsou

 

Quando Lock&Stock incontra Il Signore degli Anelli non sai mai quale mash up aspettarti.

Dopo una lunga assenza torna Guy Ritchie e stavolta la sfida è quella di utilizzare il “suo” cinema, profondamente popolare, pieno di dialoghi taglienti, risse e personaggi di strada, in un film fantasy. Il genere più serioso e shakespeariano incontra il regista più frenetico e brit-pop: ne viene fuori una creatura ibrida, un blockbuster movie a metà tra Tavola Rotonda, Aragorn e Sherlock Holmes, che non ha assolutamente velleità divulgative o pretese di realismo, tutt’altro. Siamo in una fantomatica Londinium con tanto di Colosseo, molto più prossimi al teen-fantasy che a Ridley Scott.

 

Sherlock chi?

Sherlock chi?

 

LA RICETTA- L’ex “signor Madonna” si trasforma in Panoramix e getta nel pentolone abbondanti dosi di LoTR (ingrediente base) su uno strato sottile di mitologia britannica, sperando che la ricetta mainstream soddisfi le platee di tutto il mondo per un paio di orette.

I dialoghi spassosi “spezzano” dal solito mood epico-drammatico tipico del genere e la mano dello chef è riconoscibilissima: tanto mestiere ma anche tagli repentini e folli, sound design psicotico e musica frenetica che si prendono spesso la scena mostrandoci in maniera “guyritchiesca” intere sequenze. Uno stile e un’estetica filmica che sono quasi un personaggio, forse il più importante della compagnia.

Gli interpreti principali, dal canto loro svolgono bene il compito assegnatogli, alternanando dramma a sprazzi frequenti di commedia senza perdere in credibilità. Si rivede Eric Bana, nel ruolo drammatico del padre di Artù, Uther Pendragon. Charlie Hunnam/Arthur è una specie di Jon Snow sbruffone, perfetto nel ruolo (amatissimo dal pubblico) del self made man figlio del popolo che solo in un secondo momento scopre di avere nobili origini.

King Arthur di G. Ritchie

Chi è lo re?

C’è anche Aidan Gillen (“Ditocorto” qui diventa “Grasso d’Oca”, gradita conoscenza di Game of Thrones) nel manipolo di cavalieri che, come consuetudine vuole, si assembleranno per rendere possibile il ritorno del re.

Il risultato finale è inconsueto, con qualche assente ingiustificato (dove diavolo è Merlino?) e più di qualche piacevole chicca qua e là come la “rilettura” del mito della Spada nella Roccia in chiave familiare e Jude Law nelle vesti ormai canoniche dello stronzo navigato. La pietanza è buona, anche se il deja vu- Signore degli Anelli di tanto in tanto ti raggiunge in pieno allo stomaco. La cosa migliore di tutto, però, è il messaggio che passa sotto traccia per tutto il film, quasi un inno al buon senso e al saper stare insieme, lontano da dogmi, miti e credenze calate dall’alto. Perché tutto gira, anche la Tavola Rotonda.

Author: copyisteria

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