CINEMA E SOCIETA’. Il cinema come antidoto alla povertà | I Bimbi della Notte e il cinema della provincia africana

Sappiamo come venga rappresentata l’Africa quando a parlarne è la grande industria cinematografica d’Oltreoceano. Conosciamo a memoria i registri, i cliché, le semplificazioni (un po’ quello che avviene quando un americano descrive un italiano). Conosciamo l’Africa stereotipata dei grandi blockbuster che mettono quasi sempre l’eroe al centro di crisi internazionali, guerre civili sanguinarie o torbide storie di vendetta dietro cui puoi scorgere il riflesso multisfaccettato dei diamanti (DiCaprio, perdonaci, niente di personale).

Quello che ci manca e che, molto probabilmente, ci consegnerebbe una visione d’insieme un po’ più verosimile, è sapere come possa essere raccontata l’Africa dall’interno, da chi è fuori dai diktat del marketing su larga scala e vuole solo raccontare storie. E qualora anche trovaste quel qualcuno, sareste davvero così sicuri di riuscire a trovare qualcuno disposto a starlo a sentire? Ci sarà davvero, in mezzo a tutto questo cinismo 2.0, qualcuno disposto a farlo? Sto divagando, ma per dire che nelle teste di noi occidentali manca completamente l’Africa filtrata dagli occhi e dall’arte di chi ci è cresciuto, ci abitava o ci abita ancora. Ci manca l’Africa quotidiana di chi resiste e va oltre le difficoltà oggettive.

DAKAR E PIKINE- Alla fine degli anni ’50, la città di Dakar soffriva di sovrappopolazione. Lo Stato coloniale decise di spostare le famiglie dei quartieri popolari di Dakar ed i contadini che arrivavano dai villaggi furono isolati e bloccati nella zona più esterna della penisola del Cap-Vert, dove appunto sorge la città di Pikine.

Ovunque palazzine, edifici bassi, baracche e giacigli si addossano gli uni agli altri senza soluzione di continuità, dal centro alla periferia. Pikine è un dormitorio sovraffollato sempre in crescita dove mancano i servizi igienici e dove disoccupazione e delinquenza la fanno da padrone. A differenza del centro, qui i pochi negozi hanno grate che separano i commercianti dai clienti e l’immenso mercato è teatro di molte aggressioni. I quartieri sono organizzati per famiglie e gruppi etnici: la solidarietà è una necessità ed una protezione.

L’associazione di artisti Man-Kaneen-Ki si occupa di bambini di strada e durante la Biennale del 2000 ha raccontato la vita di alcuni di loro attraverso la suggestiva esposizione-percorso Les Enfants de la Nuit. La notte è il momento più difficile per i senzatetto che devono combattere contro le aggressioni dei più forti e contro la paura. Il legame tra arte, città e sociale è sempre più sentito in Africa, come dimostrano i progetti artistici di sviluppo urbano, i concerti di beneficenza, ma anche le opere stesse degli artisti, che raccontano la vita di tutta Dakar – senza dimenticare Pikine – e che incoraggiano i giovani ad essere veri protagonisti del cambiamento.

E IL CINEMA…-  ”Con la cultura non si mangia” sostengono molti, anche da queste parti. Eppure i giovani cresciuti nelle periferie più povere di Dakar sono l’esempio vivente che non è così visto che molti di essi combattono quotidianamente contro difficoltà oggettive, senza rinunciare alle passioni. Alcuni di questi giovani, il collettivo Cine-Banlieue, il 13 gennaio 2010 riesce a portare il cinema in provincia per la prima volta, organizzando una proiezione pubblica del film autoprodotto “Seni”, alla presenza di autorità comunali. Certo, il livello e i mezzi tecnici sono amatoriali, ma il significato è enorme ed è un cinema che apre scenari e mondi nuovi, con il gusto della semplicità e del racconto.

IL PLOT DI “SENI”- Seni racconta la storia di uno studente terribile (di nome appunto Seni), cresciuto nel ghetto. Dopo il suo secondo anno di università, il ragazzo non ha i soldi per continuare gli studi. La sua storia di vita è quella della maggior parte dei giovani di Pikine, orgogliosi della propria identità culturale.

CineBanlieue è il primo collettivo nato dalla passione del giovane filmaker amatoriale Mamadou Khouma Gueye. Nel 2007, Khouma diresse il suo primo documentario sulle alluvioni – Entropia – utilizzando una fotocamera CCD tri, in prestito dall’associazione francese Jonathan, giunta lì per insegnare ai giovani le basi del computer. “Ho appreso molto con questa esperienza, ma non è stato sufficiente per avere una buona macchina fotografica. Per questa ragione dobbiamo pensare molto prima di riprendere” dichiarò Khouma all’epoca.

Khouma fu tra i primi a lasciare il suo quartiere per assistere alle proiezioni di film nel centro di Dakar. “Ci sentivamo pazzi ad andare al centro per guardare i film al Centro Culturale francese o il Goethe Institut, poi ci sono i film in TV!”. “Il giorno in cui un amico tedesco è venuto a trovarci a Pikine, ho sentito che la gente stava iniziando a credere in quello che stavamo facendo”. Un piccolo passo per l’uomo.

 

[fonte http://io.pensa.it/node/188]

Author: copyisteria

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